Il conte Caramella, Venezia, Bettinelli, 1751

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile chiuso con porta in prospetto per dove entrano i vendemiatori.
 
 CECCO capo de’ contadini vendemiatori, DORINA, GHITTA con cestelli d’uva vendemiata
 
 coro
 
    Bel godere il dolce frutto
 delle rustiche fatiche;
 bel veder le piaggie apriche
 d’uve sparse rosseggiar.
 
 Dorina e Ghitta
 
5   Son per noi più saporiti
 di quest’uve i dolci umori,
 poiché sparsi abbiam sudori
 le lor viti a coltivar.
 
 tutti
 
    Viva Bacco, amico nume
10ch’è piacer di tutto il mondo.
 Il terren per lui fecondo
 fa noi tutti giubilar. (Partono i contadini vendemiatori)
 
 Dorina
 Per oggi abbiam finito
 di vendemiar; domani
15s’alzaremo dal letto un po’ più presto
 e anderemo uniti a vendemiare il resto.
 Ghitta
 Andiamo a ritirarsi,
 che quando vien la sera
 incomincio a tremar come una foglia.
 Dorina
20Di che avete timor?
 Ghitta
                                       Non lo sapete?
 In casa, nel cortile e nel giardino,
 quando il ciel si fa oscuro
 il diavolo si sente col tamburo.
 Cecco
 Sì, l’ho sentito anch’io.
25Venuto è il diavolino
 in questa casa a far il tamburino.
 Dorina
 (Affé se l’han bevuta). (Da sé)
 Cecco
 Ho paura che sia
 l’anima del padrone. Il poverino
30son quattro mesi che morì alla guerra;
 e perché ci vuol bene
 doppo ch’è morto a ritrovar ci viene.
 Ghitta
 Eh non è già il padrone;
 so io cos’è.
 Cecco
                       Dimmelo, Ghitta mia.
 Ghitta
35Senti. Oimè, mi vien freddo.
 L’altra sera ho veduto
 un grande, grande, nero, nero porco,
 Cecco mio, Cecco mio, quell’era l’orco.
 Cecco
 Ed io ho veduto un’occa
40col collo lungo, lungo che arrivava
 del palazzo al secondo appartamento.
 Oh Ghitta, che spavento!
 Quell’era certamente la beffana,
 Ghitta mia, Ghitta mia, che cosa strana?
 Dorina
45(Io rido e me la godo). Ed il tamburo
 l’avete voi sentito?
 Ghitta
                                     Ahi, che mi pare
 averlo nell’orecchie.
 Cecco
                                       Quando il sento
 senza gridar o far alcun schiamazzo,
 caccio la testa sotto il mattarazzo.
 Dorina
50Badate ch’ei non venga
 a ritrovarvi a letto.
 Ghitta
 Oh diavol maledetto!
 Io non vuo’ dormir sola.
 Cecco
                                              Né men io.
 Ghitta
 Si potria, Cecco mio...
 Cecco
55Si potria Ghitta mia...
 Ghitta
                                           Sollecitare...
 Cecco
 Il nostro matrimonio.
 Dorina
 Senti, senti. (S’ode il tamburo)
 Ghitta
                          Ecco l’orco. (Parte)
 Cecco
                                                 Ecco il demonio. (Parte)
 
 SCENA II
 
 DORINA, poi BRUNORO
 
 Dorina
 Povera semplicina!
 Per timor dello spirto, fuge via
60con un uomo di carne in compagnia.
 Ma ho piacer che si creda
 lo spirto esser vero,
 che bizarra invenzion! Che bel pensiero!
 Presto escite, Brunoro. (S’accosta al nascondiglio)
 Brunoro
65Eccomi, o mio tesoro. (Esce col tamburo)
 Dorina
 Riponete il tamburo.
 Brunoro
 Posso libero uscir?
 Dorina
                                     Siete sicuro.
 Brunoro
 E ben, che c’è di nuovo?
 Dorina
                                               La padrona
 continua a non volere
70ascoltare il marchese. Egli procura
 tener tutti lontan da questa casa
 col pretesto dei spirti e restar solo.
 Ma costante nel duolo
 la vedova fedele al suo marito
75vuol piuttosto morir dall’appetito.
 Brunoro
 Io stanco son, Dorinda,
 di stare in quella trappola
 come un topo serrato.
 Dorina
                                          Rammentate
 che cento doppie a noi
80ha promesso il marchese; a me cinquanta
 per ammollir il cuore
 della padrona mia, barbaro e duro,
 cinquanta a voi per battere il tamburo.
 Brunoro
 Quanto più volentieri
85colà dentro starei, Dorinda mia,
 se tu meco venissi in compagnia.
 Dorina
 Oh io non ci verrei.
 Brunoro
                                      Per qual ragione?
 Dorina
 Oh che caro minchione,
 umido è il nascondiglio.
 Brunoro
90Credimi ch’egli è asciutto.
 Dorina
                                                  Sarà dunque
 asciutto diventato
 doppo che vi sei tu arso e spiantato.
 Brunoro
 Mi burli e mi disprezzi?
 Dorina
 Eh, che questi son vezzi,
95son grazie, son finezze.
 Brunoro
 Mi vuoi bene?
 Dorina
                              Sì sì, non annoiarmi;
 t’amo, ti voglio ben ma non seccarmi.
 Brunoro
 Sarai mia sposa?
 Dorina
                                  Sì, non te l’ho detto?
 Brunoro
 Ma io sento nel petto
100crescermi le punture.
 Dorina
 Basta così; non voglio seccature.
 Brunoro
 Via; spicciamola dunque,
 facciamo il matrimonio.
 Mi spaventa là dentro il rio demonio.
 
105   Sempre solo star là dentro
 oh, che pena! oh, che tormento.
 S’io t’avessi in compagnia,
 vorrei stare in allegria.
 Mi potresti consolar.
 
110   Sento gente; presto, presto,
 mi nascondo pronto e lesto;
 tornerò poi questa sera
 quei bei lumi a vagheggiar. (Entra nel nascondiglio)
 
 SCENA III
 
 DORINDA, poi la CONTESSA
 
 Dorina
 Sì sì, ti sposerò
115se di meglio di te non troverò.
 Per esserti fedele
 dovrei lasciar di migliorar lo stato?
 La mia mamma così non m’ha insegnato. (Viene la contessa)
 Oimè! Ah siete voi? Deh compatite,
120tutto mi fa tremar. Sempre a me pare
 di veder il tamburo.
 Contessa
                                        Anch’io pavento
 allorquando lo sento; e non so come
 introdotto si sia
 questo spirto folletto in casa mia.
 Dorina
125Eh non è già folletto.
 Contessa
                                        E che sarà?
 Dorina
 L’anima del padron ch’è morto in guerra.
 Contessa
 Ma io della sua morte
 non ho certa novella.
 Dorina
 Non lo credete? Oh bella?
130L’hanno scritto gli avvisi.
 Contessa
                                                I gazettieri
 scrivono poche volte i fatti veri.
 Dorina
 E poi secondo me
 da dubitar non c’è; qui in questa casa
 spiriti non abbiam sentiti mai,
135se non doppo l’avviso di sua morte.
 Egl’era un guerrier forte,
 amante di tamburi e di trombette,
 onde adesso ch’egl’è spirito puro,
 vi viene a salutar con il tamburo.
 Contessa
140Ma che vuole da me?
 Dorina
                                         Non l’intendete?
 Con quel tarapatà dice così:
 «Sposati, sposati, sposati sì».
 Contessa
 Taci, Dorina, tu mi tenti invano.
 Son fedele al consorte
145e se della sua morte
 sicurezza maggiore io non ricevo
 della destra e del cor dispor non devo.
 
    Non mi parlar d’amore,
 non provocarmi a sdegno.
150Sai del mio cor l’impegno,
 taci, mi tenti invan.
 
    Non fia che nuovo ardore
 nascermi senta in seno,
 se i primi affetti appieno
155estinti non saran.
 
 SCENA IV
 
 DORINA, poi il MARCHESE
 
 Dorina
 Serbar la fede ai morti?
 Oibò non s’usa più. Poche son quelle
 che amino quando è vivo il lor consorte,
 figuratevi poi doppo la morte.
 Marchese
160E ben, cara Dorina
 che novella mi date?
 Dorina
 Signor, non dubitate;
 si va la mia padrona a poco a poco
 disponendo a sentire il vostro foco.
165(Lusingarlo convien).
 Marchese
                                          Oh me felice,
 se ella pure si accende!
 Dorina
                                             È di già accesa
 ma acciò duri la fiamma e non si spegna,
 vi vuol, signor marchese, della legna.
 Marchese
 Tu vedi ch’io non cesso
170coi sguardi e coi sospiri,
 colle dolci parole attento e scaltro
 esca porgere al foco.
 Dorina
                                       Eh vi vuol altro.
 Affé rider mi fate
 voialtri che pensate
175coi pianti, con i vezzi e coi sospiri
 una donna obbligar. Per mantenere
 di femmina nel cor vivi gl’affetti,
 vi voglion padron mio dei regaletti.
 
    Che vi credete, bei parigini,
180far cogl’inchini, col sospirar?
 Se voi ci dite: «Servo obbligato»
 e noi col cuore: «Oh che sguaiato»,
 voi soggiungete: «V’amo, v’adoro,
 bella, mia stella, languisco e moro».
185E noi ridiamo e vi diciamo:
 «Signor arsura per far figura
 altro vi vuole che sospirar». (Parte)
 
 SCENA V
 
 Il MARCHESE solo
 
 Marchese
 Cieli che non darei
 per il cuor di colei che m’innamora?
190Spargerei dalle vene il sangue ancora.
 Con i spirti atterrita,
 regalata, servita,
 un dì s’arrenderà. Spero e frattanto
 il mio lieto sperar trattiene il pianto.
 
195   Speranza è il più bel dono
 d’un cuor innamorato.
 È sempre il ben sperato
 d’ogni altro ben maggior.
 
    Chi vive in dure pene
200sperando si diletta;
 chi gode ognor aspetta
 destino assai miglior. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Il CONTE CARAMELLA in abito da pellegrino con barba finta
 
 il Conte
 Ecco le mie campagne, ecco il palazzo
 in cui passar solea
205in tempo della pace i giorni miei,
 dove, per un tantin di gelosia,
 sempre ho tenuta la consorte mia.
 Or che son fra nemici
 prigioniero di guerra, ecco mentito
210e la barba e il vestito.
 Eccomi in queste spoglie
 a spiar gl’andamenti della moglie.
 Esce alcun dalla sala,
 vedrò se lo conosco. (Si ritira)
 
 SCENA VII
 
 CECCO e detto
 
 Cecco
                                       Ma a quest’ora
215solo andar non mi piace. Il sol tramonta;
 se la notte mi prende e si fa oscura,
 temo d’ispiritar dalla paura.
 Eh, quella mia padrona
 è senza carità. Vuol la insalata
220e vuol ch’io la raccolga; tremo tutto.
 Per risparmiar la strada e la fatica,
 le porterò del fieno e della ortica.
 il Conte
 Questo è Cecco; far prova
 voglio se mi conosce. Galantuomo.
 Cecco
225Aiuto.
 il Conte
               Non temete.
 Cecco
 Aiuto. Oh me meschino!
 il Conte
 Che avete?
 Cecco
                        (Ecco lo spirto tamburino).
 il Conte
 Udite una parola.
 Cecco
 Anima del padron, da me t’invola.
 il Conte
230(Anima del padron?) Che? È forse morto
 il conte Caramella?
 Cecco
 Ahi mi tremano in corpo le budella.
 il Conte
 Presto, venite qui.
 Cecco
 Aiuto; signorsì.
 il Conte
235Da me non fuggirete.
 Cecco
 Co... co... cosa volete?
 il Conte
 Il conte Caramella cosa fa?
 Cecco
 Dicono che sia morto in verità.
 il Conte
 Morto?
 Cecco
                 Morto sicuro
240e lo spirto di lui suona il tamburo.
 il Conte
 Che fa la moglie sua?
 Cecco
                                          La vedovina...
 vorrebbe poverina...
 per causa del tarapatà, patà...
 la sposasse qualcun per carità.
 il Conte
245Come? Come? Che dici?
 Cecco
 In là con quel bastone,
 caro signor barbone.
 il Conte
 È forse innamorata?
 Cecco
                                        Vi dirò;
 certo signor marchese
250le va girando intorno.
 il Conte
 (A tempo son venuto).
 Narrami del marchese.
 Cecco
                                             Aiuto, aiuto. (Si ode il tamburo e lo trattiene)
 il Conte
 Fermati, dove vai?
 Cecco
                                     Non posso più.
 il Conte
 Ma che diavolo hai tu?
 Cecco
255Non avete sentito? Siete sordo?
 il Conte
 Il tamburo?
 Cecco
                         Il tamburo.
 il Conte
 E ben! Che cosa importa?
 Cecco
 Sapete chi lo suona?
 il Conte
 Sarà qualche villan di questa terra.
 Cecco
260L’anima del padron ch’è morto in guerra.
 il Conte
 Eh sei pazzo.
 Cecco
                           Son pazzo?
 Qui si sente a suonar e non si vede,
 onde la verità fa testimonio
 che se non è il padron sarà il demonio.
 il Conte
265Che spirti? Che demoni?
 Il vino del padron avrai bevuto.
 Tu sarai ubriaco.
 Cecco
                                  Aiuto, aiuto. (Si sente il tamburo)
 
    Per carità lasciatemi,
 non posso più parlar.
270In verità credetemi,
 mi sento spiritar.
 Il tamburino è là
 che fa tarapatà.
 Il cor per lo spavento,
275allora che lo sento
 mi fa pla pla, pla pla.
 
    Oimè, ch’ei salta fuori,
 oimè, ch’ei viene qua.
 Tenetemi, salvatemi,
280reggetemi, celatemi,
 oimè per carità.
 
 SCENA VIII
 
 Il CONTE CARAMELLA
 
 il Conte
 Oh cosa sento? In casa
 spiriti col tamburo? Eh non son io
 sciocco da creder ciò. Penso piuttosto
285che nasconder si possa
 uno spirto là dentro in carne ed ossa.
 Ma oimè. Per qual ragion? Per far che sia
 oppressa dal timor la moglie mia,
 e poscia col terrore
290guadagnar la sua grazia ed il suo core.
 Oh geloso pensier che mi tormenta!
 Che fo? Mi svelo? No, ch’è troppo presto.
 Vado altrove o qui resto?
 Che far non so; mi sento
295dall’ira suggerir mille pensieri
 tutti vari fra lor ma tutti fieri.
 
    Mi dice il cor sdegnato:
 «Svena la moglie infida».
 Sento l’onor che grida:
300«Trafiggi il tuo rival».
 Son nave combattuta
 di qua di là dall’onde;
 si perde, si confonde
 fra scogli il mio pensier.
 
305   Alcun consiglieria
 ch’io me n’andassi via
 senza curar le doglie
 d’infida e trista moglie.
 Ma son un onorato
310marito e buon soldato.
 Sì sì, la vuo’ veder. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Camera con nascondiglio.
 
 DORINDA con lume, poi BRUNORO
 
 Dorina
 Or ch’è l’ora avanzata,
 vuo’ parlar con Brunoro. Ecco la stanza
 in cui del nascondiglio
315l’altra parte risponde. Egli dovrebbe,
 secondo il concertato,
 essere a questa parte rimpiattato.
 Chiuder voglio la porta, indi chiamarlo.
 Ehi Brunoro, Brunoro. (Piano vicino al nascondiglio)
320Escite; ho da parlarvi.
 Brunoro
 Eccomi pronto e lesto ad ascoltarvi.
 Dorina
 Vuole il signor marchese
 che ancor più dell’usato in questa notte
 il tamburo suonate
325e che alla porta andate
 della padrona a dir queste parole:
 «Moglie mia, moglie mia...» (S’ode picchiare all’uscio)
 Brunoro
                                                       Zitto; vien gente.
 Dorina
 Oimè! Chi sarà mai? Presto celatevi.
 Brunoro
 Dal buco della chiave
330mi possono vedere.
 Dorina
                                      È vero, è vero.
 Ammorzerò la lume. (Spegne il lume)
 Brunoro
                                         Oh bel pensiero! (Si picchia più forte)
 Dorina
 Vedrò che diavol sia. (Apre l’uscio)
 
 SCENA X
 
 GHITTA e detti
 
 Dorina
                                          Oh, che disgrazia
 il vento della porta
 mi ha spento il lume.
 Ghitta
                                          Oimè! Son mezza morta.
 Dorina
335Ghitta mia, siete voi?
 Ghitta
 Lume per carità.
 Dorina
 Che cosa v’è accaduto?
 Ghitta
 Il demonio ho veduto
 con una barba lunga, lunga, lunga,
340con in mano un bastone e mi volea...
 Oimè non posso più.
 Dorina
                                         Via nascondetevi. (Piano a Brunoro)
 Brunoro
 Non trovo il nascondiglio. (Piano a Dorinda e cercando il nascondiglio)
 Ghitta
 So che voi siete qui; son qui venuta...
 Ma in questa stanza oscura
345io mi sento morir dalla paura.
 Dorina
 Andate per il lume.
 Ghitta
                                      Oh questo no.
 Senza di voi di qui non partirò.
 Dorina
 Dunque vi vado io.
 Ghitta
                                      Ma fate presto.
 Dorina
 Se non vi rimpiattate
350al certo nascerà qualche scompiglio. (Piano a Brunoro e parte)
 Brunoro
 Maledetto! Non trovo il nascondiglio.
 
 SCENA XI
 
 GHITTA, BRUNORO, poi il CONTE CARAMELLA
 
 Ghitta
 Non so muovere un passo.
 Sto ferma come un sasso.
 Se si move una mosca o soffia il vento
355io principio a tremar dallo spavento.
 Brunoro
 Alfin l’ho ritrovato.
 Anche questo periglio è superato. (Entra nel nascondiglio e chiude)
 Ghitta
 Ahi! Parmi aver inteso
 a serrare una porta.
 il Conte
                                       In questo quarto,
360ch’essere non solea molto abitato,
 io starò rimpiattato.
 Ghitta
 Parmi di sentir gente.
 Mi trema il cor.
 il Conte
                                Ma qui v’è qualcheduno,
 chi va là? Chi va là?
 Ghitta
                                       Misericordia. (Si sente il tamburo)
 il Conte
365Come? Un altro tamburo?
 Ghitta
                                                  Ah che ci sono?
 il Conte
 Ferma, ladro, assassino. (Afferrando Ghitta)
 Ghitta
 Ah signor tamburino,
 abbiate compassione.
 il Conte
 Una donna? Sei tu che va suonando?
 Ghitta
370M’avete presa in fallo,
 io non suono signor ma tremo e ballo.
 il Conte
 Chi ha suonato il tamburo?
 Ghitta
                                                    A me il chiedete?
 Voi del tamburo il suonator non siete?
 il Conte
 No; quello non son io. Ma tu chi sei?
 Ghitta
375Io la Ghitta mi chiamo.
 il Conte
 La Ghitta? Appunto io bramo
 teco parlar. (Questa è di cuor sincero;
 da lei la verità saper io spero).
 Vien qui, dammi la mano.
 Ghitta
                                                   Oh signor no.
 il Conte
380(Allettarla convien). Cara sappiate
 ch’io vi voglio gran bene.
 Ghitta
                                                Oh! Cosa dite?
 il Conte
 Son venuto per voi.
 Ghitta
                                      Per me?
 il Conte
                                                        Senz’altro.
 Discacciate il timor, state sicura.
 Ghitta
 M’è passata un tantino la paura.
385Ma chi siete?
 il Conte
                            Domani
 a voi mi scoprirò.
 Ghitta
 Discopritevi adesso.
 il Conte
                                        Adesso no;
 ma avvertite a non dire a chi che sia
 d’aver meco parlato.
 Ghitta
                                        Oh non temete;
390io dirò a tutti che non so chi siete.
 il Conte
 Ma non avete a dir d’aver parlato.
 Ghitta
 Parlato signorsì.
 Ma non dirò con chi.
 il Conte
                                        Non lo direte
 perché non lo sapete.
 Ghitta
                                         Ci s’intende.
 il Conte
395E se voi lo sapeste,
 a tutti lo direste.
 Ghitta
                                 Non v’è dubbio.
 il Conte
 Eppure questa volta
 non dovete di ciò formar parola.
 Ghitta
 Pazienza! Mi verrà tanto di gola.
400Cecco lo può saper?
 il Conte
                                       Cotesto Cecco
 è forse vostro amante?
 Ghitta
                                            Egli è mio sposo.
 il Conte
 Sarà di voi geloso.
 Ghitta
                                    Cosa dite?
 il Conte
 Ch’egli avrà gelosia.
 Ghitta
 Questa roba non so che cosa sia.
 il Conte
405Pregate il ciel di non saperlo mai.
 Ghitta
 Finora non provai
 amando alcun tormento; e se dovessi
 per amore provar tantin di pena
 benché donna non son, se m’intendete,
410colà lo manderei, dove sapete.
 
    M’ha detto la mia mamma
 che Amor è un bel bambino;
 se viene il poverino,
 lo voglio accarezzar.
415Ma se mi farà male,
 se mi vorrà graffiar
 dirò: «Va’ via briccone,
 ch’io non ti voglio amar».
 
    Io son tanto bonina,
420io non mi fo gridar.
 Ma sono tenerina,
 son presta a lagrimar. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Il CONTE CARAMELLA, poi DORINDA
 
 il Conte
 Ehi, fermate; sentite. Eh! Se n’è andata
 e non passa mezz’ora
425che a tutti avrà narrato
 all’oscuro con uno aver parlato.
 Io qui non istò bene; sento gente
 e gente senza lume.
 Dorina
                                       Ehi Brunoro?
 Siete qui?
 il Conte
                      Sono qui. (Altera la voce)
 Dorina
                                          Non siete ancora
430nel nascondiglio entrato?
 il Conte
 Ancora no. (Qualche briccon celato). (Da sé)
 Dorina
 Eccolo qui. L’ho ritrovato io pure.
 Accostatevi a me. (Presso la porta del nascondiglio)
 il Conte
                                    Son qui da voi.
 Dorina
 Ecco il lume, ecco il lume. Presto, presto.
435Questa porta non s’apre. (Tenta aprire il nascondiglio e non gli riesce)
 il Conte
                                                In ogni guisa
 mi convien fuggir. (Si ritira verso un’altra porta)
 Dorina
                                      Oh che veleno,
 venite ad aiutarmi.
 Non posso aprir. (Come sopra)
 il Conte
                                  Qui sotto vuo’ celarmi. (Si nasconde sotto una portiera)
 
 SCENA XIII
 
 CECCO con lume e detti
 
 Cecco
 Ghitta, Ghitta, sei qui? (Il conte col bordone dalla portiera getta in terra la candela a Cecco)
                                              Oimè! Son morto.
 Dorina
440Via, via, sparito è il lume.
 Ehi, dite, dove siete?
 Cecco
                                         Chi mi chiama?
 Dorina
 Io non la posso aprir.
 Cecco
                                         Come?
 Dorina
                                                         La voce...
 Non mi pare... Chi siete?
 Cecco
 Son un morto che parla e che cammina.
 Dorina
445Ah, che non è Brunoro! Oh me meschina?
 
 SCENA XIV
 
 GHITTA col lume e detti
 
 Ghitta
 Voglio veder col lume
 questo signor chi sia.
 Cecco
 Ah vieni Ghitta mia.
 Vieni, non posso più.
 Ghitta
450Oh diavolo? Sei tu?
 Dorina
 Tu sei? Oh cosa vedo?
 Cecco
 Son io ma d’esser vivo ancor non credo.
 Ghitta
 Ho parlato con te?
 Dorina
                                    Con te ho parlato?
 Cecco
 Di mano il candelier m’hanno gettato.
455Andiamo via di qua.
 Dorina
                                        Non so che dire.
 Ghitta
 Mi sento un’altra volta intimorire.
 Cecco
 
    In questa camera
 ci sono diavoli,
 andiamo subito
460fuori di qua.
 
 Dorina, Ghitta a due
 
    Io resto attonita,
 rimango stupida,
 non la so intendere;
 che mai sarà.
 
 Cecco
 
465   Andiamo subito
 per carità.
 
 Ghitta
 
    Quel che parlavami
 dove sarà. (Cercando per la scena)
 
 Dorina
 
    Brunoro timido
470forse sen va. (Cercando per la scena)
 
 Cecco
 
    Che cosa cercano
 di qua di là?
 
    Aiuto. (Suona il tamburo)
 
 Dorina
 
                   Che sento?
 
 Ghitta
 
 Oimè che spavento!
 
 Dorina
 
475(L’amico è celato). (Da sé)
 Ma come non so!
 
 Ghitta, Cecco a due
 
    Io voglio se posso
 nascondermi qua. (Vogliono alzar la portiera)
 
 il Conte
 
 Fermatevi olà! (Esce dalla portiera)
 
 Dorina
 
480   Chi siete? Che fate?
 
 Ghitta
 
 Lo spirito, oimè!
 
 Cecco
 
 Un diavolo egl’è.
 
 il Conte
 
    Indegno, arrogante,
 io son negromante.
 
 Dorina
 
485Sarete un birbante.
 
 il Conte
 
 Con un mio scongiuro
 sfondar quel tamburo
 fraschetta saprò. (A Dorina)
 
 Dorina
 
 Oh questo poi no. (Suona il tamburo)
 
 Cecco, Ghitta a due
 
490   Un diavol di qua,
 un altro di là,
 aiuto pietà.
 
 Dorina
 
    Andate, fugite. (Al conte)
 
 il Conte
 
 Fermate, sentite. (A Cecco e Ghitta)
 
 Cecco, Ghitta a due
 
495Un diavol di qua,
 un altro di là.
 
 a quattro
 
    Che imbroglio! Che scoglio!
 Che scena! Che pena!
 Ansante, tremante
500ciascuno sen va.
 
 Fine dell’atto primo